Quando mancano pochi voti da contare, possiamo considerare come (quasi) definitive le percentuali ottenute nelle elezioni presidenziali americane, e tirare le somme.
Alla fine Hillary Clinton guiderà Donald Trump con circa 2.100.000-2.500.000 voti, e una percentuale compresa tra l’1,6% e l’1,8%.
Se analizziamo i margini dei sondaggi dei due giorni precedenti le elezioni, due erano a favore di Trump e nove a favore di Clinton. Tutti rientrano in un ragionevole margine di errore del 3%, tranne quelli di IBD e The Times, che hanno commesso un errore concedendo a Trump un vantaggio compreso tra tre e cinque punti in più rispetto al risultato finale, e quelli di Monmouth e NBC, che hanno assegnato Trump Clinton ha un margine di quattro punti superiore a quello reale.
La media si è comportata abbastanza bene e si è discostata solo di un punto a favore di Clinton.
Il problema più grande non si è verificato lì, ma nella distribuzione dei voti per Stato, che è stata molto diversa da quanto previsto. In tutti gli stati che non sono stati contestati, Clinton ha vinto, e talvolta lo ha fatto con un margine maggiore di quello che le davano i sondaggi. Nei tredici Stati chiave, i cosiddetti Swing States, che in media risultavano in parità prima del voto, Trump ha ottenuto un vantaggio finale di quasi il 2% dei voti. Lì, in aree molto concentrate e decisive (soprattutto negli stati della Rust Belt-Grandi Laghi), ha ottenuto la vittoria, nonostante la perdita nel paese nel suo insieme di oltre due milioni di voti.
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